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IDENTIKIT DEL BIBLIOFILO

La bibliofilia è l’amore per i libri (così recita l’enciclopedia libera Wikipedia e il dizionario della lingua italiana Zingarelli – ed. 1970 – che aggiunge “specialmente se pregevoli e rari”). La definizione resta ai nostri giorni inalterata ed il fenomeno risente delle mode: oggi ad esempio suscita particolare interesse il Futurismo ed il Novecento spadroneggia per rarità nei cataloghi di molti antiquari specializzati.
Il bibliofilo (amatore, conoscitore, ricercatore e collezionista di libri, specialmente rari) è colui o colei che si dedica, dopo un più o meno lungo percorso di formazione e d’ iniziazione, alla bibliofilia e non sempre, è vero, ambisce di essi lo spasmodico possesso, talvolta predilige ammirare le antiche edizioni solo nel contesto delle biblioteche che le raccolgono.
Dico subito che accanto ai libri il bibliofilo ammira in eguale misura le stampe, i manoscritti autografi, le squisite illustrazioni specialmente se silografie o le acqueforti, e non demorde se si trova anche alla presenza del materiale complementare, quale i ritratti, le lettere o anche gli ex-libris, questi ultimi oggetto di particolare raffinato collezionismo. Alberto Vigevani (1918-1999) ad esempio, oltre ad essere un serio bibliofilo, divenne un letterato ed un libraio antiquario.
“Ma non ho amato i libri solo con le mie, riconosco, disordinate letture, ma anche fisicamente: quand’erano nuovi anche il loro odore, il loro tatto, la loro presenza…“ (1).
Ed io aggiungo che si arriva ad assaporarne anche la consistenza della pergamena o l’aroma della pelle ed il suono, a volte fantastico, della carta antica.
Ci sono persone che, trovato un libro intonso, non ne tagliano le pagine per non violare l’oggetto che hanno conquistato.
“Tagliare le pagine al libro raro sarebbe come, per un collezionista di orologi, spaccarne la cassa per vedere il meccanismo” (2).

“In altri casi si tratta di manie.
C’è chi non tollera un restauro, anche se invisibile, o chi non compra mai esemplari numerati sopra il cinquanta…
La mia, se ne sarà accorto, erano gli intonsi.
Giravo aste e librerie con un righello in mano, e mi tremavano le gambe se al momento di aprire un volume lo trovavo vergine o non rifilato…” (3).
E qui si passa direttamente nella selva oscura della bibliomania (sempre da Wikipedia), che è un disturbo ossessivo-compulsivo che concerne il collezionismo e l’accumulazione così frenetica dei libri al punto da compromettere irrimediabilmente sia le relazioni sociali sia la salute.
Questi disordini psicologici dal punto di vista clinico non hanno alcuna giustificazione pratica, ma sono solamente attinente al culto dei feticci nelle loro illimitate modificazioni.
Vari scrittori hanno delineato la figura del bibliofilo, da Denis Diderot a Anatole France; Jean-Jacques Rousseau ad esempio sosteneva che tutti i libri, tranne i suoi, non servivano a nulla.
Ma la letteratura in questo campo è a dir poco sterminata; per me ciò che conta per comprenderne la portata è un semplice fatto: la chiara consapevolezza del suo valore come gioco appassionante per l’intelligenza e l’immaginazione, in un clima di ironia scevra dalle tante contaminazioni dell’animo.

(1) Alberto Vigevani, La febbre dei libri – Memorie di un libraio bibliofilo, Editore Sellerio Palermo 2000, p. 10.
(2) Umberto Eco, Vi racconto le avventure di un bibliofilo e dei suoi libri, in “La Repubblica”, 10 maggio 2007.
(3) Arturo Pérez-Reverte, Il club Dumas, Editore Marco Tropea Milano 2002, pp. 154-155.